di Raffaele Crocco
La notizia è arrivata di sera: L’Austria sospende Schengen. Lo ha annunciato Il cancelliere Faymann, in un’intervista al quotidiano viennese Oesterreich. In pratica, Vienna non si fida dell’Europa, incapace di controllare il fenomeno immigrazione. Il cancelliere lo dice esplicitamente e ha quindi deciso di tornare ai controlli delle persone che intendono varcare la frontiera.
Un balzo indietro di vent’anni. Una mazzata poderosa all’idea stessa che il Vecchio Continente sia davvero diventato cosa unica e unitaria. Dobbiamo svegliarci, il sogno è finito: le frontiere in Europa, con tutto quello che ciò significa, ci sono ancora, eccome. Non ci credete? Fate una ricerca in rete. “ La Germania blocca Schengen”: questo vi appare riferito al 25 maggio 2015. Un blocco, dovuto alla crisi dell’immigrazione, deciso fino al 15 giugno con Austria e Repubblica Ceca. Ancora: “Immigrati, la Germania sospende i treni dall’Austria”. La notizia è di RaiNews24, il 14 settembre. Della stessa cosa scrive La Repubblica: “La Germania sospende Schengen. Merkel reintroduce i controlli al confine con l’Austria”. Altro titolo, del Il Giornale: “Ormai Schengen non vale più: la Danimarca introduce i controlli….”. Il 30 giugno 2015 il quotidiano scrive che “Dopo la Francia, la Svizzera e l’Austria anche la Danimarca introduce i controlli alla frontiera”. Potremmo aggiungere che Parigi, dopo le stragi del 13 novembre, ha chiuso le frontiere.
Ci sono frontiere, che vengono rispolverate al primo o secondo vento di crisi. Sono frontiere che diventano muri, muri reali: in Bulgaria, Ungheria, Spagna. La pressione dei profughi, dei richiedenti asilo, in arrivo dalle zone di guerra, sta mettendo a nudo tutta la fragilità e l’inconsistenza del progetto Europa. L’Unione non è in grado di gestire una situazione di crisi, non sa trovare contromisure unitarie, segue la pancia e gli interessi dei singoli Paesi, che restano – appunto – singoli Paesi aggregati dal mercato, non dalle idee. Lo dimostra il fatto che i controlli saranno sulle persone, non sulle merci. Quelle continueranno a girare liberamente.
Nel 2015 sono arrivati un milione di esseri umani nel Vecchio Continente. Tanti, davvero tanti. Secondo l’Unhcr, in Grecia sono arrivate 821,008 persone. In Italia sono stati 150.317. Seguono Bulgaria (29.959), Spagna (3.845), Cipro (269) e Malta (106). La maggior parte è costituita da siriani (circa 455mila), che scappano dalla guerra civile nel loro Paese, seguiti da afghani, iracheni ed eritrei.
Sono cifre spaventose e sono numeri che ci costringono a prendere atto che sì, il momento è complicato e servono scelte precise. Ma continuare a giocare con Schengen significa – di fatto – ribadire che l’Europa che chiamiamo unita è in realtà solo l’aggregazione di singoli stati alla ricerca della propria convenienza. La cittadinanza europea, il senso di essere europei e quindi tutti uguali, tutti figli della medesima terra, è ancora lontana. Così lontana che si chiudono le frontiere per lasciare i problemi – sotto forma di esseri umani in cerca di vita – nel giardino del vicino.