Luca Mershed, Italians for Darfur
Il Governo di Nicolas Maduro, Presidente del Venezuela, ha dichiarato lo Stato d’Emergenza Economica, che secondo l’opposizione non mira solo a combattere la crisi che ha colpito recentemente il Paese, ma cerca anche di strappare le funzioni legislative dalla nuova maggioranza dell’opposizione all’Assemblea Nazionale (Parlamento).
“Dobbiamo affrontare la crisi economica per il bene di tutti”, ha detto il Presidente durante il suo discorso di Memoria y Cuenta davanti all’Assemblea. Da 12 mesi, il Venezuela soffre la più alta inflazione al mondo (quella accumulata nel mese di settembre si è attestata a 141,5%); il calo del prodotto interno lordo (-7,1% nel terzo trimestre del 2015) rappresenta il record nel Continente; una crisi acuta di scarsità di cibo e di beni di prima necessità e medicinali costringe le persone a centinaia di file ogni giorno in tutto il Paese.
Il presidente Maduro continua a proporre il “modello popolare chavista” come alternativa al neoliberismo, nonostante le “cifre catastrofiche” rese pubbliche dopo un anno di censura da parte della Banca Centrale del Venezuela (BCV). Maduro giustifica la crisi affermando che sta avvenendo nel bel mezzo di una “guerra economica” e la confluenza di più fattori: il calo del prezzo del petrolio per “interessi geopolitici”, “lo sciopero degli investimenti da parte del settore capitalista”, l’assenza di un sistema di produzione e l’attacco alla valuta. Per fronteggiare questi disastri, il “figlio di Chavez” ha elaborato il decreto di emergenza per controllare tutte le leve economiche, come se fosse una legge di abilitazione per ottenere poteri eccezionali tramite decreto.
La Costituzione prevede che il decreto deve essere presentato all’Assemblea entro otto giorni, per la discussione e l’approvazione, ed anche alla Corte Suprema per confermare la sua costituzionalità. Proprio oggi è, invece, arrivato il rifiuto da parte dell’Assemblea Nazionale di tale provvedimento. Secondo Maduro la restituzione del decreto al Governo sta dimostrando che nel Paese esiste una “guerra economica […] Votando in questo modo, l’opposizione sta trasformando l’economia del Paese in una delle peggiori al Mondo”. Il decreto sarebbe stato applicato per un periodo di 60 giorni per affrontare la famosa “guerra economica” con cui il Governo ha giustificato la crisi. Il decreto sarebbe potuto essere prorogato per altri due mesi, ma sempre previa approvazione del Parlamento. Esso avrebbe mirato a “garantire” l’approvvigionamento di cibo, medicine e materie prime, così come il supporto alle missioni e piani sociali di Chavez.
Secondo l’opposizione non esiste nessuna misura per coprire il deficit di 30.000 milioni di dollari che possa giustificare l’ampliazione dei poteri del Governo. L’opposizione, ormai la maggioranza dell’Assemblea Nazionale, chiede invece la fine dei controlli e delle espropriazioni dei prezzi che hanno affondato la produzione. Opta, inoltre, per un tasso di cambio unico, dato che al momento ne esistono quattro diversi.
A peggiorare la situazione è stato il crollo del prezzo del petrolio: l’oro nero è la principale fonte di reddito per il Paese caraibico e secondo gli esperti dovrà essere necessario vendere il barile a 50$ per poter risanare l’economia del Venezuela.