di Anna Cerofolini
Che io abbia scritto o no, non fa differenza. Cercherebbero sempre un altro senso, anche nel mio silenzio. Sono fatti così. Sono ciechi alla rivelazione. Malkut è Malkut e basta.
Ma vaglielo a dire. Non hanno fede.
E allora tanto vale star qui, attendere, e guardare la collina.
È così bella.
Umberto Eco
Umberto Eco è morto. Il professore, filosofo e scrittore, figlio di Giulio e Giovanna Bisio aveva 84 anni.
Nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932 si laurea in filosofia nel 1954 all’Università di Torino con Luigi Pareyson e una tesi sul Problema estetico in Tommaso d’Aquino, poi accresciuta e pubblicata nel 1970 dalla casa editrice Bompiani.
Il professor Eco ha segnato la nostra esistenza, quarantacinque libri, l’ultimo Numero zero, analisi spietata sul mondo della carta stampata, è il racconto di una redazione di cialtroni intenta ad alimentare la macchina del fango, opera di un “giornalista pubblicista” come qualche giornalista professionista gli aveva incautamente fatto notare.
Da Dedalus, pseudonimo joyceano con cui firmava per Il Manifesto, alla segreteria artistica di una RAI che non esiste più e presso la casa editrice Bompiani, come senior editor, Eco ha scritto per Il Corriere, La Repubblica e L’Espresso, alternandosi una volta a settimana con Eugenio Scalfari nella rubrica “La bustina di Minerva”.
“Il mio primo lavoro è stato il libraio. So dunque quanto fanno male le super concentrazioni alla diffusione dei libri“, così Umberto Eco aveva commentato nel giorno della nascita di “La Nave di Teseo”, la nuova case editrice ideata da Elisabetta Sgarbi e finanziata dagli scrittori, il pericolo della dittatura editoriale di Mondazzoli sull’autonomia della Bompiani così come l’aveva immaginata Valentino Bompiani nel 1929, anno della fondazione.
“Chi ti prende alla gola è la tua amica, la vita“. Le meraviglie del linguaggio dagli Elementi di semiologia di Barthes ai movimenti dello sperimentalismo e della neo-avanguardia del Gruppo 63, all’amore per il pensiero estetico medioevale sino alle poetiche post-moderne dei fumetti e la pop Art come in Apocalittici e integrati, su comunicazione di massa e analisi della cultura di consumo. Nel 1962 esce Opera aperta edito da Bompiani, in cui l’autore riflette sull’opera d’arte non solo letteraria e spazia dalla musica seriale a Joyce, e nel 1963 Diario minimo, raccolta di brevi saggi su osservazioni di costume e parodie ispirate dal’attualità, tra cui lo scritto Fenomenologia di Mike Bongiorno.
Nel 1970 Lector in fabula, analisi del romanzo come “macchina pigra”, opera nutrita dall’analisi della semiosi illimitata di Peirce: “Ecco, ora si rompono gli indugi e questo lettore, sempre accanto, sempre addosso, sempre alle calcagna del testo, lo si colloca nel testo. Un modo di dargli credito ma, al tempo stesso, di limitarlo e di controllarlo“.
Umberto Eco elabora la genesi di un doppio codice di lettura anche nei romanzi, dal Nome della rosa, edito da Bompiani nel 1980, avventura investigativa di Guglielmo da Baskerville, labirinto di infiniti segni nella ricerca continua della verità non solo nell’interpretazione ermeneutica dei testi, ma anche dell’intera esistenza umana: “stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus, la frase ultima del romanzo si ispira a un verso del De contemptu mundi di Bernardo Cluniacense; al Pendolo di Foucault (1988), L’isola del giorno prima (1994), Baudolino (2000), La misteriosa fiamma della regina Loana (2004) e Il cimitero di Praga (2010); opere fruibili per l’incolto e per il filologo, proiettando la divisione “alto-basso” in una mescolanza innovativa.
Sposato dal settembre 1962 con la tedesca Renate Ramge, insegnante d’arte, due figli, Stefano e Carlotta e due nipoti, il professor Umberto Eco ha inventato le “interviste impossibili” a personaggi di un tempo perduto in cui la critica e il giudizio però si fanno reali e ha insegnato che la risposta più illuminata è spesso da ricercare con umiltà nel passato; a “cos’è la filosofia“, ad esempio, Aristotele nella Metafisica rispondeva: “è la risposta a un atto di meraviglia“.
Addio Professore, ci recheremo ancora nelle biblioteche per scoprire delle pagine di cui ignoravamo l’esistenza, righe che si riveleranno fondamentali per il nostro vivere e non dimenticheremo mai la bellezza di imparare qualche verso o una poesia a memoria.