di Luca Mershed, Italians for Darfur
La pressione di potenti forze interne ed esterne al Continente africano ha costretto i leader dell’Unione Africana ad abbandonare il progetto di inviare 5.000 peacekeeper in Burundi, in contrasto con la Risoluzione del Consiglio per la Pace e la Sicurezza di dicembre.
I principali gruppi di pressione hanno convinto molti Leader del Continente, presenti al Vertice dell’Unione Africana ad Addis Abeba a gennaio, che l’invio di 5.000 soldati, senza il consenso del Governo del Burundi, potrebbe destabilizzare, ulteriormente, la Regione, dato che il presidente Pierre Nkurunziza aveva dichiarato che qualsiasi “missione di pace” sarebbe stata considerata come una forza d’invasione.
Ciò significa che l’Unione Africana non è riuscita a mettere in atto l’articolo 4 (j) dell’Atto di Costituzione, che consente agli Stati membri di intervenire al fine di ripristinare la pace e la sicurezza e, soprattutto, in circostanze gravi, come crimini di guerra e contro l’umanità e genocidio.
Esperti in materia hanno affermato che non è sorprendente che il Burundi, pur avendo perso peso diplomatico a causa della crisi politica, è riuscito a mantenere il suo posto nel Consiglio per la Pace e la Sicurezza (CPS). Il Burundi è stato rieletto presso il CPS con 38 voti, ottenendo il sostegno di gran parte dei Paesi francofoni in Africa occidentale e centrale.
Gli Stati dell’Africa centrale temono che la presenza di un’operazione internazionale può aumentare la fragilità nella regione.
Tuttavia, il presidente entrante dell’Unione Africana e Presidente del Ciad, Idriss Deby, si è opposto alla decisione dei leader africani di non inviare truppe, sostenendo che il Continente non può continuare a consentire alle persone di morire a migliaia prima di intervenire.
I leader hanno, invece, deciso di inviare una delegazione a proseguire le consultazioni sulla possibile missione di pace. Tuttavia, quest’ultima deve essere autorizzata dal Vertice dei Capi di Stato e qualsiasi decisione di intervenire può essere fatta solo nel mese di giugno in occasione del prossimo Summit.
Il Commissario dell’Unione Africana per la Pace e la Sicurezza, Smail Chergui, ha detto che il Burundi dovrebbe accettare la missione di peacekeeping: i peacekeepers avrebbero il compito di proteggere i civili, facilitando il lavoro delle organizzazioni umanitarie, disarmare le milizie e raccogliere le armi illegali.
Gli osservatori dicono che la possibilità di una missione è ora più remota, dato che la delegazione del Burundi, guidata dal Ministro degli Esteri, Allan Nyamitwe, ha chiarito al Summit che la delegazione di Alto Livello dell’Unione Africana non avrebbe il permesso di rivedere la questione della missione.
Il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha sottolineato che senza il consenso dell’Unione Africana le Nazioni Unite non possono intervenire, ma sono pronte a sostenere il Paese in ogni modo possibile qualora ottenga il via alla missione. Le Nazioni Unite prevedono di finanziare la missione in Burundi ma l’Unione Africana dovrebbe dare il nulla osta per il suo schieramento.
“Accogliamo con favore la decisione del Vertice dei Capi di Stato dell’Unione Africana di non inviare la missione di pace nel Paese senza il consenso del Governo, mentre le nostre porte rimangono aperte per la delegazione che dovrebbe visitare il Paese”, ha detto il Portavoce del governo del Burundi, Philippe Nzobonariba.
Nel frattempo, un rapporto confidenziale scritto dai ricercatori delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo e presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sostiene che il Ruanda sta formando i rifugiati burundesi nei campi all’interno del Paese con l’obiettivo di spodestare il presidente Nkurunziza.
Il rapporto afferma che i profughi sono stati selezionati dal campo profughi di Mahama nel Ruanda Orientale nel maggio e giugno 2015 ed hanno ricevuto una formazione militare da parte di ufficiali militari ruandesi. Il rapporto dice che i rifugiati addestrati sono, attualmente, accampati in Congo, dove sono stati intervistati dai ricercatori.
Kigali ha, ripetutamente, negato le affermazioni del Governo del Burundi secondo cui si stia preparando un colpo di Stato delle milizie contro il presidente Nkurunziza, ma ha sostenuto che ci sono gruppi del Intarahame Rwandese (FDLR) che operano all’interno del Burundi con il sostegno del Governo.
Il Ministro degli Esteri del Ruanda, Louise Mushikiwabo, ha affermato che il Burundi deve risolvere i suoi problemi come Paese e non trascinare il Ruanda in questi. “Il problema del Burundi non è il Ruanda. Quando i leader prendono le decisioni dovrebbero essere in grado di conoscerne le conseguenze. Non siamo insensibili alla vita dei burundesi, ma non abbiamo il mandato “, ha concluso il Portavoce.
Nel suo ultimo rapporto, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) ha mostrato che il numero totale di rifugiati del Burundi è aumentato a 239.754, mentre gli sfollati sono ora stimati a 25.081. Il Burundi ha una popolazione di 10 milioni e 400 mila persone ed è il secondo Paese più povero al Mondo. L’aspettativa di vita delle persone è di 50 anni e da quando è scoppiata la guerra civile (2005) sono morte almeno 300 mila persone.