di Luca Mershed (Italians for Darfur)
Il Parlamento algerino ha votato l’adozione di riforme costituzionali che permetteranno al Paese di rafforzare la sua posizione democratica e introdurre dei cambiamenti chiave. Avviati dal presidente Abdelaziz Bouteflika, gli emendamenti alla Costituzione sono stati sostenuti da 499 dei 517 parlamentari -16 astenuti.
Il progetto di Costituzione contiene 74 emendamenti e 38 nuovi articoli, oltre ad uno sconvolgimento dell’articolo 74. Quest’ultimo impone un limite di due mandati per i Presidenti e scoraggia un suo annullamento futuro, come era accaduto nel 2008, quando l’articolo era stato sospeso, permettendo a Bouteflika di correre per un terzo mandato. Con la modifica dell’articolo 74 si eviterà che il presidente Bouteflika possa correre per un quinto mandato nel 2019. Secondo la nuova Costituzione, il Presidente della Repubblica può essere rieletto una sola volta, deve dimostrare la residenza permanente in Algeria per un minimo di dieci anni e non può aver acquisito una cittadinanza straniera in precedenza. Gli algerini residenti all’estero che hanno doppia nazionalità e vogliono correre per la presidenza, così com’era accaduto nel 2014 per i candidati presidenziali Rachid Nekkaz, un franco-algerino, ed Ali Benouari, uno svizzero-algerino, saranno quindi esclusi dal processo.
Altre riforme comprendono l’istituzione di una commissione elettorale indipendente, per contrastare la profonda sfiducia nel processo elettorale; più ruoli riconosciuti per donne e giovani nel settore pubblico e civile; la libertà di stampa garantita per promuovere una pluralità di opposizioni all’interno del quadro politico. Queste riforme sono, però, tutt’altro che nuove e sono emerse di volta in volta solo per i giochi politici.
La Costituzione, in vigore dal l’indipendenza del Paese del 1962, ha visto molte modifiche nel corso degli anni come un prodotto dei vari protagonisti al potere. Introdotta dal primo presidente dell’Algeria, Ahmed Ben Bella, la Costituzione ha implementato uno Stato a partito unico guidato dal Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) fino al 1965, quando un colpo di stato militare l’ha sospesa.
Una seconda Costituzione è stata introdotta nel 1973 dall’allora leader del Consiglio Rivoluzionario, Houari Boumedienne, e metteva in risalto il socialismo e restaurava le istituzioni politiche sostituendole a quelle militari. È rimasta in vigore fino ad ottobre 1988, quando scoppiò la primavera araba algerina nota come “Ottobre Nero”, con i giovani infuriati scesi in piazza per protestare contro la stagnazione sociale e politica causata dal calo dei prezzi del gas e del petrolio, gli alti livelli di disoccupazione giovanile e le misure di austerità del Governo.
Di conseguenza, nel 1989, è stata introdotta una nuova Costituzione con la quale è stato posto fine al Governo del partito unico del FLN ed ha aperto la strada ad un sistema pluripartitico con conseguenti libertà di espressione, di associazione e di riunione; le stesse riforme proposte sono state introdotte come “nuove” quasi tre decenni più tardi. Nel 1992, mentre la guerra civile aveva travolto il Paese, il colpo di Stato militare aveva imposto lo stato di emergenza sospendendo la Costituzione. Questo stato di emergenza è stato revocato solo nel 2011 come reazione alle richieste dei manifestanti, così come era avvenuto con l’Ottobre Nero nel 1988.
Queste riforme, secondo il Capo di Stato Maggiore a di Bouteflika, Ahmed Ouyahi, sono passi per rafforzare la libertà e sancire la separazione del potere, dei principi e dei valori del popolo algerino. Sono tentativi per affrontare le rimostranze pubbliche di lunga data in Algeria e per aprire la strada a una transizione senza caos quando Bouteflika, finalmente, cederà il suo titolo di “più longevo Presidente della storia algerina”.
Purtroppo non c’è una scadenza entro cui il Governo garantirà la revisione tanto attesa dei diritti umani e della magistratura. Secondo Amnesty International, la Costituzione deve garantire i diritti umani fondamentali e rimuovere alcuni articoli che contraddicono il diritto internazionale prima che diventi un documento riconosciuto. L’organizzazione per i diritti umani ha, ripetutamente, chiesto al Governo algerino di sopportare maggiori responsabilità per quanto riguarda il destino di chi è scomparso durante il decennio nero della guerra civile e di onorare le ripetute richieste delle famiglie delle vittime che hanno rifiutato le amnistie estese agli ex-jihadisti. Al fine di raggiungere la vera pace e la riconciliazione nazionale, devono essere prese misure per contrastare l’impunità attraverso l’attuazione di ulteriori riforme che impediscono continue violazioni dei diritti umani; deve essere più chiara la posizione dello Stato in materia di tortura e sparizione forzata; e la completa abolizione della pena di morte, anche se non viene applicata dal 1992.
Per molti, tutto ciò farà poco per ridurre l’influenza della potente élite, soprattutto del FLN di Bouteflika e dei generali che sono senza dubbio coloro che controllano l’Algeria dal punto di vista amministrativo. Dall’indipendenza il Paese è stato governato dai militari, e anche se il volto del regime algerino ha una maschera civile, la linea principale dell’autorità si estende attraverso l’approvazione militare. Tuttavia, negli ultimi anni, sono state adottate misure per alleviare i poteri dei leader. Nel mese di settembre 2015, per esempio, il capo del Dipartimento di Intelligence e Sicurezza (DRS), il generale Mohamed Mediene, ha annunciato un suo pensionamento anticipato per le pressioni esterne. Tale indebolimento del DRS, la conformità di un esercito eccessivamente politicizzato e la veloce introduzione di riforme non possono, però, essere viste come l’unico progresso che l’Algeria ha bisogno per la sua strada verso la democrazia.
Anche se le forze di sicurezza civili svolgono, inevitabilmente, un ruolo maggiore a fronte della crescente inquietudine a causa della crisi economica, politica e sociale in atto, è ancora l’esercito il garante principale della longevità del regime.
Tuttavia, non ci può essere alcuna sovranità senza un popolo sovrano e la vera libertà civile. Eventuali passaggi per emendare la Costituzione, inevitabilmente, non riusciranno a risolvere l’entità della crisi del Paese, se tali emendamenti non rifletteranno il più ampio consenso possibile. Non ci può essere una soluzione legittima per la situazione attuale della società algerina senza adottare il percorso che vede il popolo algerino riguadagnare la propria sovranità.