Giulio Regeni è stato torturato, il suo corpo sul lettino dell’obitorio, dove lo hanno rivisto i genitori arrivati al Cairo pochi giorni dopo il suo ritrovamento, era ricoperto di lividi e di segni di bruciature. Il suo volto trasfigurato, tant’è che mamma Paola ha raccontato che l’unica cosa che aveva riconosciuto di suo figlio era la “la punta del naso”.
E’ stata questa, forse, la parte più toccante dell’affollata conferenza stampa in Senato accanto al presidente della Commissione diritti umani di palazzo Madama Luigi Manconi.
Ma non sono mancati momenti forti e di denuncia che hanno avuto un unico filo conduttore: “Basta con le menzogne, l’Egitto dica la verità sull’omicidio di Giulio Regeni”
“Invitiamo il governo italiano a richiamare l’ambasciatore al Cairo – è stato l’appello rivolto da Manconi al Governo – e si avvii una revisione delle relazioni diplomatiche e consolari”. E se non bastasse, ha aggiunto il parlamentare, si potrebbe dichiarare l’Egitto ‘paese non sicuro’, un chiaro segnale per i flussi turistici. Colpire gli interessi economici egiziani per avere verità, dunque.
Sembra paradossale, inconcepibile, ma finora altre vie sono state fallimentari.
Durante la conferenza stampa il papà di Giulio, Claudio Regeni, ha voluto ricordare i successi accademici e scolastici del figlio, gli anni passati all’estero, lo studio negli Usa all’università del Mondo unito in New Mexico. Ha poi raccontato che quando era partito per il Cairo, l’ultimo giorno che lo ha visto, era “soddisfatto, felice e sereno”.
L’avvocato che segue la famiglia, Alessandra Ballerini, ha voluto puntare l’attenzione sul profilo del giovane.
“Giulio era un ragazzo pulito, le voci egiziane riguardo una dose di ‘fumo’ trovata accanto agli effetti personali, mostrati dal ministero dell’Interno in una foto, dopo il blitz nel covo della gang dei presunti rapitori è stato solo l’ennesimo osceno depistaggio per discreditarne l’immagine. Quel vassoio d’argento lo respingiamo al mittente, abbiamo già disconosciuto alcuni elementi che sono stati proposti come appartenenti a Giulio e siamo in dubbio rispetto ad un portafoglio”.
In tutta questa storia l’unica terribile certezza è che Giulio è stato “torturato ed ammazzato, come succedeva nel nazifascismo, come fosse un egiziano, perché in Egitto non è un caso isolato” ha ricordato la madre. E se “i partigiani torturati sapevano che erano in guerra, lui non era andato in guerra, lui era andato solo a fare ricerca”.
Nessuna operazione segreta. Meno che mai Giulio era una spia.
“Ma quale spia – ha tenuto a chiarire con fermezza il padre – Era solo un ricercatore, uno studioso. Giulio amava vivere ed era una persona limpida”.
La commozione in sala Nassiriya a Palazzo Madama era palpabile, soprattutto quando mamma Paola ha aggiunto “Non sono ancora riuscita a piangere, forse riuscirò a farlo quando saprò cosa è successo davvero a mio figlio”.
Durante la conferenza Paola e Claudio Regeni, come il senatore Manconi, hanno espresso univocamente la convinzione che l’ultima versione arrivata dall’Egitto, quella che spacciano come la ricostruzione dell’omicidio del giovane, sia una vera e propria sceneggiata che non ha nessun’altra finalità se non quella di depistare e infangarne la memoria. E’ stato il presidente della Commissione Diritti umani a rilevare come, alcuni ‘dettagli’ forniti dai magistrati del Cairo dopo l’uccisione dei cinque presunti sequestratori e responsabili della fine del nostro connazionale, mirino a discreditare la sua figura parlando di sostanze stupefacenti e di effetti personali ‘femminili’ ritrovati nel covo dei malviventi.
I timori che i familiari di Giulio e i loro legali, Alessandra Ballerini e Gianluca Vitale, avevano manifestato pochi giorni fa durante un precedente incontro con i senatori delle Commissioni Esteri e dei Diritti umani, si sono dunque manifestati in tutta la loro incredibile inconsistenza: l’attribuzione del delitto alla criminalità organizzata, nel maldestro tentativo di ridurre la vicenda a una ‘questione privata’.
“E’ inaccettabile che per cercare di negare responsabilità di Stato, per nascondere i conflitti politico-sociali nel Paese, le pesanti e torbide relazioni tra regime dispotico, apparati statali e attività criminali a opera di settori delle forze di polizia e le quotidiane violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime di Al- Sisi attraverso strutture ufficiali e strutture parallele e strutture illegali, si voglia derubricare l’uccisione di Regeni a delitto di criminalità” è la ferma accusa di Manconi che ha anche ricordato le 88 persone che, secondo Amnesty International, sono scomparse nei primi mesi del 2016 e di cui non si sa più nulla, tranne per quelle 8 che sono state ritrovate cadaveri.
Siamo in tanti, non solo i genitori di Giulio, a chiedere un movente credibile e una ricostruzione attendibile di quanto accaduto al Cairo. Per Giulio e per tutti gli altri desaparecidos d’Egitto di cui ci racconta l’ultimo rapporto diffuso da Human right watch che già da fine 2015 segnalava centinaia di episodi.
Per tutti loro e per chiedere ancora una volta verità e giustizia per Giulio Regeni, il 2 maggio Articolo 21, Federazione nazionale della stampa italiana e la rete di associazioni di ‘Illuminare le periferie’ nella giornata dedicata alla libertà dell’informazione animeranno un sit-in davanti all’ambasciata egiziana a Roma.