di Elisa Marincola
E’ semplicemente inaccettabile quello che è successo giovedì scorso a Ponte Sant’Angelo a Roma, in pieno centro storico a due passi da San Pietro, zona ad alta densità di forze dell’ordine e militari: un gruppo di tifosi dello Sparta-Praga, squadra ospite della Lazio nella partita di Europa League, si ferma davanti a una mendicante e due di loro le pisciano addosso, mentre i passanti si girano incuriositi ma nessuno fa neanche un gesto di disapprovazione, anzi qualcuno non trattiene un sorrisino di scherno. Il video è diffuso sulla rete, tutti possono verificare.
Ho voluto usare questo termine forte perché sono troppo indignata e perché sono stufa di una ‘politically correctness’ che finisce per essere protezione del più forte se non riusciamo ad esprimere con le parole giuste la gravità dei fatti.
Perché questo ennesimo episodio di vandalismo e violenza ai danni di una persona debole e indifesa è di una gravità inaudita: innanzitutto perché quella mendicante ha subìto una violenza pari a uno stupro e poi perché quell’atto spregevole e volgare non era rivolto all’individuo (e già basterebbe), ma voleva offendere tutto ciò che quell’anziana rappresentava in sé: povertà, vecchiaia, debolezza, abbandono, diversità, in due parole una periferia oscurata che giace esattamente al centro del “caput mundi”. Un episodio altrettanto offensivo ma meno violento era accaduto pochi giorni prima nel cuore di Madrid, dove supporter olandesi del PSV Eindhoven hanno lanciato monetine contro dei mendicanti deridendoli.
Io non credo che questo episodio (che pure dovrebbe portare per lo meno all’apertura di un fascicolo presso la procura della Repubblica e anche presso i giudici sportivi) possa ascriversi semplicemente alla degenerazione del tifo calcistico. C’è ben altro: ci sono le parole d’odio, gli “hate speech” che imperversano nelle bocche di sempre più numerosi opinion leader, ci sono i gesti d’odio, che incitano all’attacco contro l’altro, lo straniero, il diverso; c’è il fallimento del principio stesso di solidarietà che dovrebbe essere alla base del vivere in comunità, dell’esistenza stessa di uno Stato, ma che sempre più viene vissuto come ingombro ideologico figlio del secolo passato, fastidioso in una società sempre più indirizzata all’affermazione di sé contro l’altro. E ci sono le decisioni dei governi, come quella che ha dato il benestare definitivo all’accordo tra UE e Turchia sui profughi: “un colpo di proporzioni storiche ai diritti umani” scrive Amnesty di un programma che getta alle ortiche il diritto internazionale e le norme europee sui richiedenti asilo, senza parlare della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, calpestata ogni giorno lungo i confini della nostra Europa. Il segno è lo stesso: invece di aiutarli, pisciamo in testa ai disgraziati che non possono difendersi.