Noura Hussein aveva 15 anni quando i genitori in Sudan decisero il suo destino: sarebbe andata in moglie a un cugino di secondo grado con quasi il doppio dei suoi anni. Per difendersi dalle violenze di quel marito imposto dalla famiglia, lo ha ucciso. Ora rischia l’impiccagione. Costretta a sposarsi con l’inganno, stuprata cinque giorni dopo. Noura quell’uomo che non conosceva e non amava non voleva sposarlo. Quando i genitori sottoscrissero il contratto coniugale e iniziarono i preparativi delle nozze, fuggì di casa per rifugiarsi da una zia a Sennar, a circa 250 km dalla capitale. Visse lì per due anni, determinata a finire la scuola. Poi il padre la convinse che il matrimonio era stato cancellato e che lei fosse la benvenuta nella casa natale. Ma al suo ritorno scoprì che era stata ingannata e fu costretta a sposarsi. Per cinque giorni rifiutò ogni rapporto sessuale e quando l’uomo fu stanco di provare a convincerla con le parole, con l’aiuto dei suoi parenti la violentò.
Ha reagito con un atto estremo al tentativo di stupro. Quando il giorno dopo, rimasti soli, stava per ripetersi la stessa violenza la giovane in un estremo tentativo di difesa impugnò un coltello e lo pugnalò. Noura oggi ha quasi 19 anni, ha già trascorso oltre un anno in carcere e la settimana scorsa un tribunale di Omdurman l’ha condannata a morte per aver ucciso il suo stupratore. La sentenza è stata emessa in un’aula gremita di parenti e amici di colui che la giustizia sudanese considera la ‘vittima’, che hanno esultato all’annuncio della pena di morte per la giovane. Ma c’erano anche molti sostenitori della ragazza, che sul suo nucleo familiare non ha mai potuto contare.
I parenti del marito non hanno accettato il risarcimento. La famiglia del 31 enne ucciso ha rifiutato l’opzione del risarcimento finanziario per perdonarla, come previsto dalla legge islamica. Vogliono, pretendono, che Noura sia giustiziata. Il suo avvocato, Adel Mohamed Al-Imam, che la segue a titolo gratuito insieme ai colleghi Husain Elfatih e Ahmed Ishag ha affermato che la diciottenne “è stata abbandonata non solo dalla legge, ma anche dalla sua famiglia”.
Arrestato e rilasciato l’avvocato che la difende. Imam, che è alla guida del team che difende la giovane, è stato arrestato mercoledì mattina nel suo studio a Omdurman, città gemella della capitale Khartoum, dai servizi di sicurezza sudanesi che hanno voluto in questo modo impedire lo svolgimento di una conferenza stampa sul caso prevista quel giorno. I legali della giovane hanno predisposto un ricorso per chiedere il ribaltamento della sentenza e la sua liberazione che deve essere depositato.
In Sudan lo stupro coniugale è legale, già dai 10 anni. Il caso di Noura è solo una delle tante storie che vedono vittime bambine e adolescenti costrette a matrimoni forzati e a subire stupro coniugale in Sudan, dove l’età legale per sposarsi è di soli 10 anni. La vicenda ha avuto grande risalto a livello internazionale, soprattutto negli ultimi giorni, grazie a una campagna sui social media partita dall’Italia con gli hashtag #JusticeforNoura e #SaveNoura. Promotrice l’associazione Italians for Darfur che ha anche lanciato una petizione su Change.org, che ha superato le 110 mila firme, per chiedere la sua liberazione.
https://www.change.org/p/salviamonoura-sposa-bambina-condannata-a-morte-per-aver-ucciso-il-marito-che-la-violentava-savenoura-justicefornoura