di Danilo De Biasio
direttore del Festival dei Diritti Umani
C’è stato chi, dall’ufficio all’ultimo piano del palazzo tutto vetri e cemento ha detto “i diritti umani non sono il nostro core business”. E c’è stato chi, tra gli stucchi dorati del suo studio, ha aggiunto che “in questo momento occuparsi dei diritti delle donne non mi sembra essere il problema principale del mondo”. Questi due incontri mentre preparavo il Festival dei Diritti Umani mi hanno convinto che ero sulla strada giusta.
C’è bisogno di un festival che illumini – come si propone questo sito – le periferie: quelle vere, dove l’arbitrio dei violenti è palese, ma anche quelle metaforiche, più vicine a noi, dove il sopruso non è così evidente. Proprio in un periodo in cui la guerra arriva nelle balere e nei metrò delle città europee dobbiamo capire perché accade, invece che sbarrare le porte, alzare i muri e considerare ogni estraneo un potenziale killer.
Il Festival dei Diritti Umani si propone di andare in “direzione ostinata e contraria” al populismo, allo sfoggio di luoghi comuni, agli stereotipi che diventano verità. Ci vuole un pizzico di coraggio, serietà e indipendenza di giudizio. Abbiamo deciso che per la prima edizione (3 – 8 maggio, alla Triennale di Milano) fossero i diritti delle donne il nostro focus: perché pensiamo che non sia un problema delle donne ma un problema di tutti; perché ogni bambina che può studiare, ogni moglie che non subisce violenza, ogni ragazza che nelle zone di guerra non viene stuprata è un passo avanti per ciascuna di loro ma anche per tutta l’umanità. Ce lo racconterà Nadia Murad, una giovane yazida fuggita dopo essere stata schiavizzata dai soldati del “Califfato”, che per la prima volta verrà in Italia; racconteremo il coraggio (e anche la sconfitta) di ribellarsi alle mafie di Lea Garofalo con don Ciotti, metteremo a confronto le più giovani deputate tunisine e spagnole che hanno voluto riprendersi il protagonismo politico dopo la “rivoluzione dei gelsomini” e dopo le manifestazioni degli indignados. Ma lo racconteremo anche con ben 22 documentari da tutto il mondo e 5 film (uno per ogni sera). Alla mattina saranno protagonisti gli studenti (il nostro futuro), nel pomeriggio e alla sera le porte della Triennale saranno aperte a tutti. Rigorosamente gratis.
Non sarà un nuovo festival cinematografico: gli audiovisivi saranno importanti, ma abbiamo chiesto di essere con noi anche le ong, perché portino le loro esperienze, perché indichino una prospettiva di cittadinanza attiva e solidale. E siamo molto contenti che Amnesty International abbia scelto proprio il Festival dei Diritti Umani per inaugurare la mostra Sheroes con gli ultimi scatti di Leila Alaoui, la fotografa franco-marocchina uccisa in un attentato nel gennaio scorso in Burkina Faso. Leila era lì proprio per Amnesty, per fotografare il dramma delle mamme-bambine ma anche dei tentativi di altre donne (ginecologhe, educatrici) di risolvere questa emergenza.
Per saperne di più: www.festivaldirittiumani.it