di Luca Mershed, Italians for Darfur
Un importante passo storico per il Darfur inizia con il referendum di questa settimana che offrirà l’opportunità di unificare i cinque Stati della Regione del Sudan, una richiesta di lunga data dei ribelli che cercano una maggiore autonomia. L’instabilità in corso tra gli insorti sta, però, boicottando il referendum.
Aver diviso la regione del Darfur in cinque Stati secondo fattori etnici e tribali ha condotto alla frammentazione del tessuto sociale ed ha distrutto la coesione regionale ed il senso di appartenenza. Queste fratture sono state gestite dal Governo di Khartoum attraverso molti crimini e la creazione di focolai di terrorismo in cui il Governo ha portato i terroristi di Boko Haram, al Qaeda e l’ISIS.
La vasta regione del Darfur nel Sudan occidentale ha subito, dalla guerra civile del 2003, un altissimo logoramento che ha portato alla morte di 300 mila persone, secondo le Nazioni Unite (ONU) e 10 mila, secondo il regime di Khartoum, ed ha causato lo sfollamento di 2,7 milioni di rifugiati. Tuttavia, nel corso degli ultimi 13 anni dallo scoppio della guerra in Darfur, la macchina di annientamento del regime ha provocato circa 400 mila morti, più di 3 milioni di sfollati e circa 600.000 persone sono state costrette ad attraversare le frontiere con il vicino Ciad e la Repubblica Centrafricana.
Gli obiettivi del Regime per il referendum amministrativo previsto per il Darfur l’11 aprile 2016 includono:
In tal modo, il regime al potere sta preparando un falso referendum amministrativo i cui risultati sono noti in anticipo; il capo del regime Omar al-Bashir è il giudice e carnefice allo stesso tempo.
Nonostante gli evidenti problemi, al-Bashir ha detto che “il popolo del Darfur sceglierà se vogliono degli Stati o una Regione e stiamo tenendo questo referendum in modo che nessun altro possa venire a dire che vogliamo questo o quello”.
Il Partito Nazionale del Congresso dice che cinque Governi statali sono maggiormente in grado di prendersi cura del popolo del Darfur rispetto ad una singola amministrazione. Dalla sua incorporazione al Sudan nel 1916 fino al 1994, il Darfur è stato una regione unita. Nel 1994, al-Bashir ha diviso il Darfur in tre Stati aggiungendone altri due nel 2012.
Attraverso la paura ed il controllo della gran parte della Regione, il risultato del referendum sembra palesemente scontato: coloro che volessero l’unità sembrano rassegnarsi prima del voto.
Il Governo ha, anche, sottolineato che il voto è uno dei termini dell’accordo di pace del 2011 tra Khartoum ed alcuni gruppi di ribelli. Alcuni dei gruppi che hanno firmato il trattato hanno iniziato una campagna per una sola Regione, ma altri ribelli non firmatari hanno detto che il risultato sarà privo di significato perché a causa dei disordini nella Regione molti non voteranno -in particolare gli sfollati–, mentre il Governo mobiliterà i suoi sostenitori nelle Capitali di Stato e nelle grandi città.
“Il referendum non è una priorità per il Governo che è pronto a ignorare i punti più importanti del trattato di pace” ha detto Abdullah Mursal, leader nella fazione del Movimento per la Liberazione del Sudan guidato da Minni Minnawi.
Alcuni gruppi affermano che il referendum può essere valido solo quando tutti gli sfollati interni tornino a casa e possano recarsi alle urne. “La priorità è il ritorno degli sfollati ai loro villaggi”, ha detto il portavoce del Movimento per la Giustizia e l’Uguaglianza, Jibril Bilal. “Così com’è, qualunque sia il risultato, il referendum non significa nulla”, ha concluso.
Ad un giorno del referendum non è ancora chiaro come la votazione si svolgerà nei campi per sfollati. Molti sono pattugliati dalle forze di pace internazionali. Tuttavia, la Commissione referendaria ha sottolineato che l’interesse per il voto è stato alto con “3.583.105 di 4.588.300 persone con diritto al voto”. Tale numeri non possono essere verificati in modo indipendente perché l’accesso della stampa nella regione del Darfur è limitato.
L’obiettivo di tenere il referendum può anche essere, semplicemente, quello di dimostrare alla comunità internazionale le buone intenzioni del Governo. Dietro a questa buona intenzione bisogna prestare attenzione ai modi in cui viene espletata: fino ad adesso è stato appurato che la buona intenzione c’è, ma il referendum nasconde, come detto, tanti aspetti negativi che non rendono veritiero e giusto il processo di voto.
di Eva Alberti, Susanna Combusti, Silvia Ricciardi, Federico Thoman (autori dell’inchiesta “Bestiario criminale”, finalisti edizione 2015 del Premio Roberto Morrione)
Ogni anno, in Africa, più di 30 mila elefanti sono uccisi illegalmente dai bracconieri. L’obiettivo di queste azioni infami sono solamente le zanne. O, in una parola, l’avorio. Considerando che di elefanti rimasti, nel continente africano, se ne contano ormai soltanto 350 mila, è abbastanza veloce il calcolo su quanti anni restino alla specie prima dell’estinzione.
di Luca Mershed
Un enorme fuga di documenti riservati ha rivelato come i ricchi ed i potenti usino i paradisi fiscali per nascondere la loro ricchezza.
11 milioni di documenti sono trapelati da una delle aziende più segrete del Mondo: lo studio panamense legale Mossack Fonseca. I documenti mostrano come Mossack Fonseca ha aiutato i clienti a riciclare il denaro, schivare le sanzioni ed evadere le tasse. I media dicono che lo studio ha operato indisturbato per 40 anni e non è mai stato accusato di iniquità penale.
Il presidente francese, Francois Hollande, ha accolto le “buone rivelazioni” che dovrebbero “aumentare il gettito fiscale da parte di coloro che commettono le frodi”. …Leggi tutto »
di Vincenzo Vita
“Per gravi e urgenti necessità pubbliche, la richiesta del presidente del consiglio dei ministri ha effetto immediato” (art.33,terzo comma del Testo unico del 2005). Così recita la norma a proposito della richiesta del premier di poter andare in televisione ad horas. Rispondeva a simile tipologia l’ ”ospitata” imprevista di domenica scorsa a In mezz’ora di Lucia Annunziata? Certamente no, visto che si parlava dell’emendamento per “Tempa Rossa”, vicenda entrata nel procedimento giudiziario. Quindi, l’episodio è esecrabile e non doveva succedere. …Leggi tutto »
di Antonella Napoli, Articolo 21
Nel giorno in cui è arrivata in Italia la delegazione dall’Egitto, composta da magistrati e inquirenti coinvolti nell’indagine sulla morte di Giulio Regeni, emergono nuovi particolari grazie all’inchiesta giornalistica di Repubblica.
Carlo Bonini, che segue dall’inizio la vicenda del rapimento e dell’uccisione del giovane ricercatore friulano, ha raccontato quella che secondo una fonte anonima è la verità sul delitto. …Leggi tutto »
di Shukri Said
Si è conclusa da qualche giorno la visita a Roma di Omar Abdirashid Ali Sharmarke, Primo Ministro della Repubblica Federale di Somalia, accompagnato da alcuni tra i più importanti ministri del suo governo (il ministro degli Esteri Abdusalam Hadliye Omer, il ministro della Sicurezza Abdirizak Omar Mohamed, il ministro dell’Energia e Acqua Mohamed Mursa Sheikh Abdirahman, il ministro delle Poste e telecomunicazioni Guled Hussein Kassim, il ministro delle Infrastrutture Salah Sheikh Osman, il ministro dell’aviazione Ali Ahmed Jama e il vice ministro della Pesca Said Jama).
di Luca Mershed, Italians For Darfur
Le ostilità al confine della regione del Nagorno-Karabakh, contestata tra l’Armenia e l’Azerbaigian, si sono riaccese durante la notte, con scambi di colpi di mortaio che hanno causato vittime da entrambe le parti. I Ministeri della Difesa dei due Paesi in contesa si sono accusati a vicenda per aver provocato l’escalation. …Leggi tutto »
Il prossimo 6 aprile, presso il Tribunale vaticano, si terrà una nuova udienza del processo che vede imputati, tra gli altri, anche due giornalisti, Gianluigi Nuzzi, del Giornale, ed Emiliano Fittipaldi dell’Espresso. Articolo 21 invita tutti al presidio all’ingresso del tribunale vaticano. …Leggi tutto »
A due mesi dalla scomparsa di Giulio Regeni, da quando il corpo del giovane ricercatore italiano venne trovato senza vita al Cairo. la Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili, Antigone e Amnesty International Italia hanno organizzato al campo Gerini, dove gioca l’Atletico Diritti, squadra nata dalla volontà di Antigone e Progetto Diritti, con il patrocinio dell’Università Roma Tre, un’iniziativa che ha coinvolto i giocatori che hanno esposto lo striscione “Verità per Giulio Regeni” e composto sul campo la stessa scritta.Un’iniziativa, alla quale hanno aderito anche Articolo 21 e le organizzazioni che aderiscono alla piattaforma di ‘Illuminare le periferie”, che CILD, Antigone e Amnesty International Italia chiedono di replicare in tutti i campi e stadi d’Italia il 23 e 24 aprile. …Leggi tutto »
di Antonella Napoli, Articolo 21
Domenica 3 aprile, nel secondo mese dal ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, Articolo 21 sarà in campo con l’Atletico Diritti, squadra di calcio nata dalla volontà di Antigone e Progetto Diritti, che srotolerà lo striscione della campagna di Amnesty International “Verità per Giulio Regeni”. …Leggi tutto »