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Canone bollito

di Vincenzo Vita

Dopo l’indubbio successo di pubblico (52% di share) del Festival di Sanremo e il non meno significativo risultato (27%) della serie breve sul poliziotto-eroe Roberto Mancini scomparso per gli esiti devastanti anche per il corpo della “Terra ei fuochi”, la Rai è tornata al realismo. Vale a dire, l’essere un servizio pubblico controllato a vista dal governo –insieme ai compagni di viaggio di Ungheria, Bulgaria e Polonia- ma nel contempo abbandonato a se stesso. …Leggi tutto »

Basta sensazionalismo. L’appello di Alarm Phone a media e volontari

L’Associazione Carta di Roma ha deciso di tradurre e rilanciare una lettera aperta rivolta a giornalisti e volontari pubblicata da Alarm Phone, progetto di Watch The Med che mette a disposizione dei rifugiati un numero telefonico al quale rivolgersi per segnalare le situazioni di difficoltà nel Mediterraneo, per poter lanciare allarmi e supportare le operazioni di salvataggio.
L’appello fa seguito ad alcune immagini diffuse da SkyNews UK, nelle quali osserviamo un uomo a bordo di un’imbarcazione di salvataggio, presunto scafista, essere costretto a assistere al trasporto delle salme di tre giovanissime vittime della cui morte è stato accusato e all’identificazione di una di esse da parte del padre. …Leggi tutto »

Messico il rischio di essere giornalisti

di Tonio Dell’Olio, Libera International

Tra non molto dovremo rassegnarci a non aver più alcun punto di riferimento di giornalisti in Messico e non perché nel frattempo saranno scomparsi perché uccisi o inghiottiti nelle nebbie della desapariciòn. Semplicemente perché cresce il numero di chi, per difesa personale adotta uno pseudonimo per firmare gli articoli più pericolosi, altri sono firmati collettivamente dalla redazione e alcuni tra i più validi giornalisti sono stati costretti a chiedere asilo negli Stati Uniti come rifugiati con le loro famiglie. …Leggi tutto »

Elogio del dubbio

di Matilde De Luca

Questa breve riflessione si apre con un quesito: perché da un lato l’uomo è così tecnologicamente avanzato, ma dall’altro si estingue con le sue stesse mani? Eppure il tanto bramato progresso ci ha fornito le competenze più disparate per dotarci dei mezzi più prestigiosi per una sempre più civile esistenza!

Noi umani siamo tanto infallibili nell’esplorazione dei nostri habitat, quanto labili nella conoscenza della nostra natura. Possiamo domare le belve più feroci, ma non sappiamo controllare i nostri stessi impulsi. Ma allora a cosa è valso tutto il nostro scoprire, inventare e costruire tra scienze, arti e tecnologie se poi il resoconto ultimo sfocia nell’autolesionismo più estremo? Come siamo giunti a questo contraddittorio inghippo evolutivo?

La risposta ci è suggerita da una scienza spesso dimenticata ma non per questo meno nobile: l’antropologia. Ogni scienza umana ha origine da una domanda, un interrogativo volto a tentare di comprendere un preciso aspetto della realtà. La domanda che l’antropologia si pone è : “Chi è l’uomo?” Questo apparentemente banale quesito racchiude al suo interno un’infinità di variabili e sfumature, che abbracciano la storia della specie sapiente, le sue peculiarità e caratteristiche ma soprattutto i suoi più radicati limiti. La consapevolezza e conoscenza della natura della nostra specie, va di pari passo con la conoscenza dell’universo che ci circonda, non può esserci completa comprensione del vero senza la conoscenza del sé, dei propri limiti e facoltà. Lo sguardo antropologico è rivolto quindi all’interno della mente umana e a tutte quelle manifestazioni socio-culturali che ne sono espressione.

Come si può rispondere dunque alla domanda “Chi è l’uomo?” L’Homo Sapiens Sapiens, volgarmente detto “Umano”, è un mammifero abitante del pianeta Terra da circa 250-200.000 anni. Si caratterizza rispetto alle altre specie per la postura eretta, una scatola cranica discretamente sviluppata e l’uso del cosiddetto “pollice opponibile”; principale dote dell’Umano è custodita nella facoltà di plasmare il proprio habitat, grazie alla creazione di tecnologie. Quest’ultimo aspetto risulta essere il punto centrale dell’esperienza umana: la possibilità di creare artefatti, ci ha conferito grande potere di crescita e dominio sulle altre specie. Proprio questo potere formidabile costituisce la chiave per comprendere la natura del nostro agire.

Pensate per un attimo alla storia dell’uomo sulla Terra, partendo dalla giungla preistorica da cui nascemmo, così indifesi e fragili rispetto a molte altre creature, la nostra sola forza all’alba dei tempi si rivelò essere l’unione. Ci raggruppammo in tribù per limitare la nostra vulnerabilità e nel tempo questa unione stimolò le nostre facoltà cerebrali, inducendoci a immaginare, ad usare la nostra creatività per sopravvivere. Invenzione dopo invenzione la scintilla evolutiva esplose nelle nostre menti come un lampo… abbagliandoci! Sembravamo niente più che implumi esserini ma uniti potevamo dar vita all’inimmaginabile. Fu così che, era dopo era, noi umani focalizzammo i nostri percorsi evolutivi sulla creazione materiale del nostro stesso mondo, come dei fanciulli che costruiscono castelli di sabbia destinati a sciogliersi tra le onde.. Chi siamo, dunque? Si potrebbe dire che oramai ci siamo a tal punto identificati in questa nostra brama creatrice, da non poter far altro che creare, produrre, generare ancora e ancora , verso un’innovazione senza fine (o verso la fine della nostra innovazione?). E’ curioso cogliere l’ambiguità di questa dinamica: abbagliati da noi stessi e dai nostri poteri, ne siamo divenuti schiavi! Da carnefici a vittime, dominati dal potere del dominio! Ma al di là della mera retorica e dei giochi di parole, è proprio qui che l’antropologia entra in campo, imponendoci di metterci in dubbio, di chiederci cosa non stia funzionando, se giunti ad un tale grado di civilizzazione siamo in verità più simili a tossicodipendenti disperati che, pur di non patire l’astinenza, scegliamo di perpetuare l’autodistruzione incessante.

L’inganno evolutivo è custodito nei nostri stessi limiti. Solo conoscendoci potremmo superarci. Ma allora, quali sono i limiti umani? La lista sarebbe infinita, anche se principalmente sono due i grandi nemici della mente sapiente: il Potere ed il Superfluo. Del Potere, inutile dire che la mente umana sia così suscettibile all’accumulo smisurato di dominio, da renderla facile preda della follia. Come il pesce fuor d’acqua soffoca, l’uomo con troppo potere sugli altri finisce con l’affogarsi con le sue stesse mani. Del Superfluo, va detto che l’uomo si è rivelato così abile nell’escogitare escamotage per raccontarsi ciò in cui vuole credere, da evitare di interrogarsi su chi sia. Ci convinciamo di aver bisogno di bisogni sempre più impellenti, inutili e deleteri. Partendo dai limiti si possono creare le condizioni per superarli. Siamo noi gli artefici delle nostre vite, fin dall’alba dei tempi, fu ciò che ci rese umani, il potere di plasmare il nostro destino, di renderci liberi, di interrogarci e risponderci osservando il cosmo. E’ giunto il tempo di evolversi, di cogliere le contraddizioni radicate in noi che ci impediscono il cammino. Abbiate dubbi. Struttureremo il nostro agire sociale partendo dal dubbio creativo come strumento di analisi dei limiti al fine di superarli! Se in questo gioco evolutivo il nostro nemico siamo noi stessi, non si può far altro che conoscerci per combatterci nel più glorioso dei modi. L’inganno è in noi e dunque in noi sta la sua soluzione.

Afghanistan, dati drammatici

di Anna Mele, Cospe

I dati più recenti raccolti da Human Rights Watch sull’Afghanistan sono davvero sconfortanti.
Al 169 posto per indice di sviluppo umano, l’Afghanistan vantaa il triste primato di paese più pericoloso per le donne, tra le quali il tasso di analfabetismo raggiunge l’80%.  Sono 3 milioni i bambini che non vanno a scuola e il 40% della popolazione non ha accesso alle cure mediche e ai servizi primari. …Leggi tutto »

Burundi, no a missione di pace dell’Unione Africana

di Luca Mershed, Italians for Darfur

La pressione di potenti forze interne ed esterne al Continente africano ha costretto i leader dell’Unione Africana ad abbandonare il progetto di inviare 5.000 peacekeeper in Burundi, in contrasto con la Risoluzione del Consiglio per la Pace e la Sicurezza di dicembre.

I principali gruppi di pressione hanno convinto molti Leader del Continente, presenti al Vertice dell’Unione Africana ad Addis Abeba a gennaio, che l’invio di 5.000 soldati, senza il consenso del Governo del Burundi, potrebbe destabilizzare, ulteriormente, la Regione, dato che il presidente Pierre Nkurunziza aveva dichiarato che qualsiasi “missione di pace” sarebbe stata considerata come una forza d’invasione. …Leggi tutto »

Nell’anno della Misericordia

 di Roberto Reale

Solo i più duri di cuore hanno dimenticato l’emozione provocata dalla foto del piccolo Aylan: il suo corpicino raccolto sulle spiagge turche da un poliziotto che pareva svestito dalla sua durezza. Un gigante buono che si muoveva sulla “spiaggia delle morte” con toccante delicatezza e pietà.

Da allora sono centinaia i bimbi annegati in un braccio di mare che divide le isole greche dalla Turchia. Ma le emozioni si sono stemperate, in Siria la fuga dalle bombe e dai missili che tutto distruggono è proseguita ma la UE pensa a muri, si divide su responsabilità, soldi, modalità di intervento.

In questo contesto (più o meno documentato dai media ma rimasto ormai lontano dalle nostre coscienze relegato sullo sfondo delle nostre priorità informative) arriva dalla Gran Bretagna una notizia che sembra pazzesca.

La riferisce il quotidiano The Independent http://www.independent.co.uk/news/uk/politics/theresa-may-under-pressure-to-oppose-plans-that-could-criminalise-charities-who-help-syrian-refugees-a6858431.html . In sintesi si tratta di questo. L’opposizione al Parlamento di Londra ( fra loro il leader dei liberali ) chiede al ministro degli Interni Theresa May di opporsi a una nuova legge europea che criminalizza le Ong e i volontari che prestano assistenza ai rifugiati nelle isole greche. Messa così pare una notizia incredibile. Ma il giornale cita la bozza di un documento esistente e riferisce che nell’ultimo Consiglio dei ministri dell’Interno UE diversi partecipanti avrebbero chiesto proprio questo: di fermare i volontari, equiparare la loro attività a quella dei trafficanti.

La logica sarebbe quella di fare “terra bruciata” davanti ai profughi, costi quel che costi ( in vite umane).

“Finora non avete fatto nulla per aiutare chi fugge verso l’Europa, ora vorreste impedire a altri di soccorrerli” scrivono giustamente i parlamentari britannici alla May.

In Italia di tutta questa storia non sappiamo nulla. Da noi prevale l’attenzione per gli aspetti contabili legati alla disputa di bilancio fra il nostro governo e la Commissione europea. E’ bene però che ci sia un po’ di attenzione dell’opinione pubblica su questa vicenda: troppe volte a livello europeo sono state assunte decisioni sbagliate se non controproducenti frutto di mediazioni burocratiche fra funzionari e politici miopi o peggio. Il 10 marzo ci sarà la decisione dei ministri, sarà bene che l’informazione circoli pure da noi.

Certo è pazzesco che quel fiume di povera gente che ogni tanto intravediamo nelle cronachehttp://www.repubblica.it/esteri/2016/02/05/news/siria_migliaai_in_fuga_da_aleppo_turchia_chiude_confine-132772201/ porti al prevalere di egoismi e paure piuttosto che a un briciolo di solidarietà. La pietà è più facile riservarla a altri esodi storici, quelli che ormai non ci costano più nulla.

Certo che criminalizzare le associazioni umanitarie è proprio il massimo della nefandezza. In quella prima linea dell’Europa sulle coste greche a soccorrere degli esseri umani, cui i trafficanti hanno venduto finti giubbotti salvagente e imposto la roulette russa di traversate su barconi fatiscenti, ci sono solo loro, i volontari. Non fanno arrivare nessuno da noi: si limitano a soccorrere. E allora la domanda diventa un’altra: nell’anno della Misericordia in realtà dove stiamo andando? Notizie così sembrano dirci che c’è chi vuole portarci esattamente dalla parte opposta. E sapete come si definisce il contrario della compassione? Il dizionario Treccani ci è di aiuto: si chiama ferocia, implacabilità, inumanità, spietatezza Che brutta Europa hanno in mente alcuni. E il dramma nel dramma è che nemmeno la crudeltà servirà a raggiungere il suo scopo vero, non riuscirà certo a fermare chi non ha proprio più nulla da perdere. Rende solo peggiori tutti noi.

Egitto, quanto è diffusa la tortura

di Riccardo Cristiano

Il tragico epilogo della vita di Giulio Regeni era ancora lontano sul finire del 2015, quando sul sito del Tahrir Institute for Middle East Policy si potevano apprendere notizie importanti. Primo esempio: il venditore di papiri di Luxor, Talaat Shabib, e Afify Hassan,  farmacista di Ismailia,  due egiziani dalle diverse condizioni socio-economiche, hanno avuto analogo destino. Entrambi figurano nell’elenco delle 13 morte certificate durante il mese di novembre nelle stazioni di polizia egiziane, nove di esse per torture.
Ciò viene riferito in base alla circostanziata denuncia dell’ El Nadim Center for the Rehabilitation of Victims of Torture. Quattro i decessi verificati durante una solo settimana.
Le grandi manifestazioni popolari verificatesi dopo le morti di Shabin e Hassam, sottolineano al Tahrir Institute,  hanno ricordato la grande mobilitazione dopo l’assassinio di Kaled Said nel 2010, ammazzato con brutale ferocia per strada dopo averlo prelevato da un cybercafè di Alessandria. E’ noto che per quel crimine vennero operati  due arresti.  Ma sette giorni dopo quel crimine Essam Ali Atta, condannato a due anni di reclusione per “piccoli crimini comuni” e detenuto però nel carcere di massima di sicurezza di Tora, venne torturato a morte, come riferì The Guardian, per aver tentato di farsi dare una scheda telefonica. Contro di lui fu praticata la tecnica dell’ “innaffiamento forzato”, dalla bocca e dall’ano.
 Come mai accade questo? Una risposta fornita dal Tahrir Institute è questa: malgrado altri, diversi impegni internazionali, il codice penale egiziano, all’articolo 52,  condanna la tortura solo nel caso che questa venga praticata per estorcere confessioni. La pena prevista per chi violi questa disposizione va da tre a cinque anni di reclusione. Nel caso, distinto dal codice penale, di comportamenti “crudeli”, la pena scende sotto i 12 mesi di detenzione.
Per Human Rights Watch molti tribunali hanno fatto ricorso all’articolo 17 del Codice Penale per ridurre le pene, citando preoccupazioni per la carriera dei rei.
Anche qui è il caso di fornire esempi, e le fonti lo fanno: Akram Soliman, un ufficiale condannato a cinque anni di detenzione per aver fracassato il cranio di Ragaay Soltan nel 2009, è stato nominato nel 2014  responsabile della sezione diritti umani del direzione della sicurezza di Alessandria.
Islam Nabeeh invece è stato reintegrato al Ministero dell’Interno dopo essere stato condannato a tre anni di detenzione per le torture inflitte a Emad al-Kabir.
E’ in questo contesto che Human Rights Watch può affermare: ”in base a stime ufficiali rese note dall’Associated Press nel Marzo 2014, almeno 16mila persone sono state arrestate nel corso dell’ultimo anno nella repressione dei sostenitori del deposto presidente Morsi, e di altri gruppi dissidenti. Per Wiki Thawra, a cura dell Egyptian Center for Economic and Social Rights, 80 persone sono morte in prigione nell’anno passato e più di 40mila detenute tra luglio 2013 maggio 2014.”

Verità e Giustizia per Giulio Regeni

Listiamo a lutto i nostri mezzi di informazione
#Giulio Regeni, dottorando e autore di corrispondenze per alcuni media italiani, stava realizzando al Cairo inchieste scomode che ricostruivano molti angoli bui e forse per questo è stato preso, torturato e ucciso.

Sono ancora troppe le contraddizioni e le oscurità nelle versioni fornite dalle autorità egiziane. E Come denunciano tutte le organizzazioni per i diritti umani e la libertà d’informazione, da Amnesty a Reporters sans Frontieres, in Egitto centinaia di attivisti, sindacalisti, blogger, intellettuali, vengono arrestati ogni giorno, spesso torturati, centinaia di loro …Leggi tutto »

Darfur, nuovi raid aerei: oltre 20mila sfollati

Italians for Darfur

Gli sfollati interni del Darfur continuano a fuggire dai combattimenti a Jebel Marra, zona a cavallo tra tre Stati della regione, così come il numero di coloro che cercano protezione nei campi UNAMID nel Darfur Nord ha raggiunto 21.000 civili.

“La Missione Ibrida delle Nazioni Unite-Unione Africana in Darfur (UNAMID) ha detto che a partire dal 31 gennaio, il numero degli sfollati cercando rifugio nelle vicinanze nel campo a Sortoni, nel Darfur Nord, è aumentato a 21.328 da 14.770. Questo include 13.269 bambini “, ha detto il vice portavoce dell’ONU, Farhan Haq.
Haq ha sottolineato, inoltre, che il numero di civili che sono fuggiti da Jebel Marra, Jebel Si e Fanga Suk, nel Darfur Centrale, presso i campi di Ruanda e Argo a Tawila, nel Darfur Nord, è aumentato a 9,209 civili.
Il portavoce ha, anche, affermato che i gruppi di aiuto stanno fornendo assistenza umanitaria di emergenza per i nuovi sfollati. Ha aggiunto che una collaborazione fra le agenzie umanitarie è iniziata nel campo rifugiati di Sortoni il martedì.