di Vincenzo Vita
Un raggio di sole, per dirla con Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Così appare la piccola riforma dell’editoria, approvata in via definitiva in terza lettura dalla Camera dei deputati: rispetto all’inquietante scenario che la post-democrazia dei e nei media ci sbatte in faccia. …Leggi tutto »
di Luca Mershed
Continua nel silenzio assordante del mondo la guerra in Yemen e la conta dei morti si aggrava sempre di più.
I combattenti Houthi hanno affermato di aver colpito una nave appartenente ai militari degli Emirati Arabi Uniti facente parte di una coalizione araba che lotta a sostegno del Governo yemenita. …Leggi tutto »
di Luca Mershed
Il presidente francese Francois Hollande ha confermato l’intenzione di chiudere il campo profughi di Calais nel nord della Francia, mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto all’Europa di garantire gli accordi con i Paesi terzi per garantire il ritorno dei migranti. …Leggi tutto »
di Vincenzo Vita
La proposta di legge votata in seconda lettura dalla Camera dei deputati su “la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” ha diverse insidie e ambiguità. O, meglio, è un classico caso di eterogenesi dei fini. Si è partiti da un’esigenza più che nobile –frenare quanto possibile una delle piaghe criminose della società digitale- per finire nella messa in causa delle libertà della e nella rete.
Naturalmente, anche le parole vanno misurate nell’agire simili argomenti. E’ troppo devastante lo scempio di vite e di coscienze che un reato così squallido provoca nel tessuto sociale, minori o meno che siano le vittime. Da ultimo, purtroppo solo in ordine di tempo, i casi della giovane disperata Tiziana arrivata al suicidio per la reiterata diffusione di immagini hard in cui era coinvolta o della 17enne di Rimini stuprata e offerta da qualche amica sciagurata al voyeurismo in salsa social. Quindi, è comprensibile l’animo risarcitorio che ha sospinto i deputati. Peccato, però, che i testi normativi, quando si distaccano dalla contingenza emergenziale, rimangono scolpiti nel corpo complessivo del sistema giuridico. Dove vale l’ottica “generalista”, che riguarda coloro che magari poco hanno a che fare con un orrendo delitto perseguito. Nell’articolato varato a Montecitorio cade la distinzione tra minorenni e adulti, titolati questi ultimi a chiedere l’immediata rimozione dei contenuti ritenuti lesivi. E se i gestori (descritti in maniera vaga, come ha sottolineato il forzista Antonio Palmieri) non provvedono, ecco che interviene d’ufficio il Garante per la protezione dei dati personali. Quindi, entrano in gioco i “grandi” e i reati previsti hanno una tale ampiezza di confini, da configurare bavagli e censure: l’oscuro oggetto del desiderio dei molti che da anni ronzano attorno alla rete per randellarla, non comprendono spesso linguaggi e sintassi. Non si esagera. Che significa in italiano la parola “offese”, inserita nella riscrittura dell’articolo 1? Il salto verso la persecuzione di opinioni ritenute contrarie alle proprie è possibile e niente affatto lontano dalla realtà. Così la potenziale interpretazione si stacca dal solco del bullismo. L’ha spiegato bene in aula Giovanni Paglia di Sinistra italiana. Per non dire dei casi sanzionabili senza essere ancora reati o degli aggravamenti delle pene, che le politiche criminali avvedute sanno essere pressoché ininfluenti nei confronti dei rei accaniti: su cui nella migliore delle ipotesi hanno l’effetto delle grida manzoniane. Se non persino di un invito al corpo a corpo muscolare con la cosa pubblica.
Insomma, ci si ripensi, nel terzo atto previsto al Senato, che aveva varato un progetto migliore a prima firma Elena Ferrara.
Tuttavia, è essenziale porsi una domanda. La legislazione classica, figlia dell’età analogica, riesce ad applicarsi al contesto digitale? I drammi che fanno da sottotesto all’articolato varato si risolvono nella rete? Un po’ certamente sì, attraverso un’opera di impegno civile e morale dei “navigatori” per bene, la stragrande maggioranza. I criminali e i bulli vanno isolati, respingendoli ai margini della comunità. In rete l’affidabilità è tutto, del resto. Non basta, però. E’ ora di interrogarsi su come si affronta il territorio della rete, dove ci sono potenti proprietari cui va imposta un’attenzione preventiva. Perché quelle immagini di Tiziana artatamente girate non sono state bloccate, pur esistendo strumenti giuridici che avrebbero potuto essere utilizzati?
di Luca Mershed
Il Commando del Nord dell’esercito indiano ha comunicato che 17 soldati e 4 presunti ribelli sono stati uccisi durante un attacco contro un quartier generale dell’esercito nel Kashmir sotto amministrazione indiana.
“Quattro terroristi sono rimasti uccisi in un’operazione antiterrorismo a Uri. 17 soldati hanno fatto il supremo sacrificio”, ha detto il Commando del Nord su Twitter. La zona di Uri si trova a circa 100 km ad ovest della principale città della travagliata regione settentrionale, Srinagar.
Il portavoce dell’esercito indiano, Goswami, ha sottolineato che i combattenti hanno, prima, attaccato una base di prima linea vicino al confine conosciuto come la Linea di Controllo o LoC prima di passare al quartier generale.
Un testimone a Uri ha confermato che nella mattinata poteva vedere il fumo fluttuare all’interno della sede di fanteria e che si sentivano spari continui di arma da fuoco pesante.
Il Ministro degli Affari Interni, Rajnath Singh, ha riferito attraverso una serie di tweet di aver parlato dell’attacco ai militari ed ai leader politici della regione ed ha cancellato i viaggi in programma in Russia e negli Stati Uniti.
Secondo la stampa locale, il Capo dell’esercito, Dalbir Singh Suhag, e il Ministro della Difesa, Manohar Parrikar, hanno visitato il Kashmir dopo l’attacco.
La regione himalayana è in preda a disordini mortali da più di due mesi a causa delle proteste dei residenti che si scontrano, quasi quotidianamente, con le forze di sicurezza. Dall’inizio delle proteste contro il dominio indiano, ci sono stati almeno 87 civili uccisi e migliaia di feriti. Le manifestazioni si sono innescate l’8 luglio, dopo l’uccisione di un leader ribelle popolare in uno scontro a fuoco con i soldati.
Il Kashmir è una regione divisa in due parti, una amministrata dall’India e l’altra dal Pakistan. L’India afferma che il Pakistan abbia sostenuto un movimento secessionista violento in Kashmir. Islamabad ha sempre negato questa accusa e denomina gli abitanti del Kashmir come dei combattenti ribelli per la libertà.
Le proteste furiose che sono sorte l’8 luglio nel Kashmir amministrato dall’India sono un segno evidente che il sentimento popolare non può essere ignorato solo perché non è in sintonia con la propaganda nazionalista di un Governo rappresentativo.
In assenza di forum politici legittimi, tale sentimento fomenta disordini arrivando fino a circostanze che forniscono un martire, come Burhan Wani, il giovane ribelle la cui uccisione da parte delle forze di sicurezza indiane ha acceso le proteste in Kashmir.
Spesso, questi movimenti di protesta sono degli atti disperati, senza una possibilità di successo, che portano solamente ad una violenza senza un fine concreto. La violenza si è sparsa anche fra le fasce giovani della società del Kashmir e non sorprende che la generazione emergente di Kashmiri si identificano con i loro omologhi palestinesi e stanno chiamando la nuova ondata di proteste “Intifada”.
Un’altra somiglianza con la questione palestinese è che la situazione attuale in Kashmir è stata causata dai colonialisti occidentali. Nel redigere la mappa per la divisione del subcontinente indiano nel 1947, il Regno Unito ha visto il Kashmir interamente attraverso le lenti della storia recente senza prendere in considerazione le diverse identità culturali, religiose e sociali.
Se l’India continua a trattare i Kashmiri con un sentimento di disprezzo violento ed il Pakistan adotta una linea politica per sfruttare la situazione, cresceranno sempre di più attori non statali che si specializzeranno nel trasformare la violenza politica in caos.
Dall’indipendenza dell’India, il Kashmir è diventato una pallina di ping-pong tra India e Pakistan. Quest’ultimo ha ceduto parte del territorio alla Cina nel 1962 per assicurarsi un’alleanza contro l’India.
Da allora ci sono stati tre conflitti localizzati ed una guerra anche se un’iniziativa trilaterale tra il 2004 e il 2007 che ha coinvolto l’India, il Pakistan e separatisti del Kashmir ha dimostrato che il problema è risolvibile.
Un generale del Pakistan, Pervez Musharraf, ha riconosciuto che non potrebbe essere compiuto nessun progresso sostenibile fino a quando il Kashmir verrà visto come una semplice disputa bilaterale fra India e Pakistan.
Nel 2006 l’India ed il Pakistan avevano, anche, concordato in linea di principio di firmare una serie di accordi per risolvere le loro controversie territoriali di vecchia data.
Questi accordi hanno portato ad un trattato sulla gestione congiunta del Kashmir da parte dell’India e del Pakistan, in base al quale entrambi avrebbero ritirato le proprie forze militari dalla regione e creato un forum di colloqui per decidere sullo status definitivo del Kashmir.
Purtroppo, il processo è stato accantonato a causa del cambio di Governo in India e la caduta del regime di Musharraf in Pakistan. Quindi, è rinato il risentimento ed i conflitti politici che hanno portato ad una forte destabilizzazione della Regione.
Per molti in Kashmir, il sentimento guida delle proteste in corso ricorda l’ultima rivolta popolare del 1989. L’India ha risposto con una repressione brutale in cui si sono verificate parecchie violazioni dei diritti umani.
La lotta è diventata sempre più violenta e radicalizzata a causa dell’afflusso di migliaia di militanti con base in Pakistan, molti dei quali sono guidati dai veterani mujaheddin della resistenza che ha avuto successo contro l’occupazione sovietica dell’Afghanistan.
di Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana
Le emergenze, come sempre, esaltano il meglio e il peggio del carattere nazionale. A questa regola non sfugge neppure l’informazione: cosí non è mancato chi ha colto anche questa triste occasione per suonare il piffero della propaganda, oppure per alimentare il razzismo tentando di contrapporre gli aiuti alle popolazioni colpite con quelli dati a chi ha scelto l’Italia per fuggire dal terrore e dalla fame. …Leggi tutto »
di Antonella Napoli
Sit-in in piazza Santi Apostoli, venerdì 2 settembre, ore 11 per sostenere l’appello alla tregua e il rispetto dei corridoi umanitari in Siria …Leggi tutto »
di Celeste Costantino, deputata di Sinistra Italiana, promotrice della proposta di legge sull’introduzione dell’educazione sentimentale.
Era il 2013 quando la Camera dei deputati approvò all’unanimità la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne. Un documento importante che ci diceva quanto la prevenzione giocasse un ruolo fondamentale, con l’art. 14 che sollecitava l’introduzione dell’educazione all’affettività nei programmi scolastici.
di Vincenzo Vita
L’addio ad Ettore Bernabei attraverso la celebrazione dei suoi funerali segna come uno spartiacque, ormai solo simbolico e tuttavia ricco di significati. Guai alla nostalgia, sempre significati di errori. E attenzione a non rimuovere certi anni bui, in cui parlare di lotte operaie o di diritti civili (il divorzio, giusto per dire) era assai periglioso. …Leggi tutto »
di Luca Mershed
Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha criticato alcuni Paesi occidentali -senza fare nomi- per aver supportato il colpo di Stato del 15 luglio che ha lasciato più di 270 morti e 70.000 persone sospese dal proprio lavoro. …Leggi tutto »