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Il 2 maggio a Roma: liberiamo l’informazione e i diritti umani

La libertà di pensiero e il diritto di esprimere le proprie opinioni e di informare ed essere informati sono sotto attacco in tutto il mondo e anche in Italia. Ce lo ha raccontato l’ultimo rapporto di Reporteres Sans Frontieres e lo dimostrano le cronache quotidiane. Non possiamo far finta di nulla! …Leggi tutto »

We giallo per Giulio Regeni

di Antonella Napoli, Articolo 21

 

Alla vigilia di un weekend all’insegna del giallo per Giulio Regeni, con gli striscioni esposti in tutti gli stadi italiani e il flash-mob di Amnesty a Milano, domenica 24 aprile alle 16, in piazza della Scala, dall’Egitto ci arriva un’ennesima, atroce storia di violenze e sevizie.
Human Rights Watch, riportando le  testimonianze dei familiari e degli avvocati di 20 giovani egiziani, arrestati ad  Alessandria e trattenuti per giorni senza processo e senza che le  famiglie ne fossero informate, denuncia che lo scorso febbraio sono stati torturati dalle autorità per diversi giorni. Tra le vittime anche otto minorenni.
Manifestazione non autorizzata, atti di vandalismo, adesione a gruppi eversivi, questi i reati contestati. …Leggi tutto »

Referendum in Darfur: una svolta epocale?

di Luca Mershed, Italians for Darfur

Un importante passo storico per il Darfur inizia con il referendum di questa settimana che offrirà l’opportunità di unificare i cinque Stati della Regione del Sudan, una richiesta di lunga data dei ribelli che cercano una maggiore autonomia. L’instabilità in corso tra gli insorti sta, però, boicottando il referendum.

Aver diviso la regione del Darfur in cinque Stati secondo fattori etnici e tribali ha condotto alla frammentazione del tessuto sociale ed ha distrutto la coesione regionale ed il senso di appartenenza. Queste fratture sono state gestite dal Governo di Khartoum attraverso molti crimini e la creazione di focolai di terrorismo in cui il Governo ha portato i terroristi di Boko Haram, al Qaeda e l’ISIS.

La vasta regione del Darfur nel Sudan occidentale ha subito, dalla guerra civile del 2003, un altissimo logoramento che ha portato alla morte di 300 mila persone, secondo le Nazioni Unite (ONU) e 10 mila, secondo il regime di Khartoum, ed ha causato lo sfollamento di 2,7 milioni di rifugiati. Tuttavia, nel corso degli ultimi 13 anni dallo scoppio della guerra in Darfur, la macchina di annientamento del regime ha provocato circa 400 mila morti, più di 3 milioni di sfollati e circa 600.000 persone sono state costrette ad attraversare le frontiere con il vicino Ciad e la Repubblica Centrafricana.

Gli obiettivi del Regime per il referendum amministrativo previsto per il Darfur l’11 aprile 2016 includono:

  • commettere ulteriori crimini di genocidio contro i civili disarmati
  • grandi operazioni di spostamento delle popolazioni indigene
  • un’ulteriore frammentazione della regione del Darfur in altri Stati (tre e cinque)
  • una nuova ondata di violazioni per lo spostamento di più persone
  • smontare i campi per sfollati per cancellare la prova della grandezza dei crimini commessi contro i cittadini
  • un referendum per intraprendere un nuovo processo di segmentazione, che porterebbe ulteriori divisioni ed eliminare l’identità della popolazione della Regione
  • il cambiamento demografico per la nuova divisione del territorio attraverso lo spostamento della popolazione indigena e la sostituzione con nuovi mercenari e milizie che combattono una guerra per procura in favore del Regime

In tal modo, il regime al potere sta preparando un falso referendum amministrativo i cui risultati sono noti in anticipo; il capo del regime Omar al-Bashir è il giudice e carnefice allo stesso tempo.

Nonostante gli evidenti problemi, al-Bashir ha detto che “il popolo del Darfur sceglierà se vogliono degli Stati o una Regione e stiamo tenendo questo referendum in modo che nessun altro possa venire a dire che vogliamo questo o quello”.

Il Partito Nazionale del Congresso dice che cinque Governi statali sono maggiormente in grado di prendersi cura del popolo del Darfur rispetto ad una singola amministrazione. Dalla sua incorporazione al Sudan nel 1916 fino al 1994, il Darfur è stato una regione unita. Nel 1994, al-Bashir ha diviso il Darfur in tre Stati aggiungendone altri due nel 2012.

Attraverso la paura ed il controllo della gran parte della Regione, il risultato del referendum sembra palesemente scontato: coloro che volessero l’unità sembrano rassegnarsi prima del voto.

Il Governo ha, anche, sottolineato che il voto è uno dei termini dell’accordo di pace del 2011 tra Khartoum ed alcuni gruppi di ribelli. Alcuni dei gruppi che hanno firmato il trattato hanno iniziato una campagna per una sola Regione, ma altri ribelli non firmatari hanno detto che il risultato sarà privo di significato perché a causa dei disordini nella Regione molti non voteranno -in particolare gli sfollati–, mentre il Governo mobiliterà i suoi sostenitori nelle Capitali di Stato e nelle grandi città.

“Il referendum non è una priorità per il Governo che è pronto a ignorare i punti più importanti del trattato di pace” ha detto Abdullah Mursal, leader nella fazione del Movimento per la Liberazione del Sudan guidato da Minni Minnawi.

Alcuni gruppi affermano che il referendum può essere valido solo quando tutti gli sfollati interni tornino a casa e possano recarsi alle urne. “La priorità è il ritorno degli sfollati ai loro villaggi”, ha detto il portavoce del Movimento per la Giustizia e l’Uguaglianza, Jibril Bilal. “Così com’è, qualunque sia il risultato, il referendum non significa nulla”, ha concluso.

Ad un giorno del referendum non è ancora chiaro come la votazione si svolgerà nei campi per sfollati. Molti sono pattugliati dalle forze di pace internazionali. Tuttavia, la Commissione referendaria ha sottolineato che l’interesse per il voto è stato alto con “3.583.105 di 4.588.300 persone con diritto al voto”. Tale numeri non possono essere verificati in modo indipendente perché l’accesso della stampa nella regione del Darfur è limitato.

L’obiettivo di tenere il referendum può anche essere, semplicemente, quello di dimostrare alla comunità internazionale le buone intenzioni del Governo. Dietro a questa buona intenzione bisogna prestare attenzione ai modi in cui viene espletata: fino ad adesso è stato appurato che la buona intenzione c’è, ma il referendum nasconde, come detto, tanti aspetti negativi che non rendono veritiero e giusto il processo di voto.

 

Le verita’ ignorate su Giulio

di Antonella Napoli, Articolo 21

 

Nel giorno in cui è arrivata in Italia la delegazione dall’Egitto, composta da magistrati e inquirenti coinvolti nell’indagine sulla morte di Giulio Regeni, emergono nuovi particolari grazie all’inchiesta giornalistica di Repubblica.
Carlo Bonini, che segue dall’inizio la vicenda del rapimento e dell’uccisione del giovane ricercatore friulano, ha raccontato quella che secondo una fonte anonima è la verità sul delitto. …Leggi tutto »

Il 3 aprile insieme per Giulio

di Antonella Napoli, Articolo 21
Domenica 3 aprile, nel secondo mese dal ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, Articolo 21 sarà in campo con l’Atletico Diritti, squadra di calcio nata dalla volontà di Antigone e Progetto Diritti, che srotolerà lo striscione della campagna di Amnesty International “Verità per Giulio Regeni”. …Leggi tutto »

Regeni: basta bugie

Giulio Regeni è stato torturato, il suo corpo sul lettino dell’obitorio, dove lo hanno rivisto i genitori arrivati al Cairo pochi giorni dopo il suo ritrovamento, era ricoperto di lividi e di segni di bruciature. Il suo volto trasfigurato, tant’è che mamma Paola ha raccontato che l’unica cosa che aveva riconosciuto di suo figlio era la “la punta del naso”.
E’ stata questa, forse, la parte più toccante dell’affollata conferenza stampa in Senato accanto al presidente della Commissione diritti umani di palazzo Madama Luigi Manconi.
Ma non sono mancati momenti forti e di denuncia che hanno avuto un unico filo conduttore: “Basta con le menzogne, l’Egitto dica la verità sull’omicidio di Giulio Regeni” …Leggi tutto »

Una foto per Giulio Regeni, mobilitazione online a due mesi sua scomparsa

Il 25 gennaio scomparve al Cairo Giulio Regeni. Dopo pochi giorni il giovane ricercatore italiano fu trovato morto e sul suo corpo erano evidenti i segni delle torture.
Per questo motivo Antigone e CILD lanciano a due mesi dal rapimento di Regeni  una mobilitazione online mentre Amnety organizza un flash-mob.

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Accordo Ue-Turchia, un colpo di proporzioni storiche ai diritti umani

di Amnesty Italia

Un colpo di proporzioni storiche ai diritti umani“. Secondo Amnesty International, il “doppio linguaggio” collettivo dei leader europei non riesce a nascondere le enormi contraddizioni dell’accordo siglato venerdì 18 marzo tra Unione europea e Turchia sulla gestione della crisi dei rifugiati. …Leggi tutto »

Turchia, il governo assume il controllo del quotidiano indipendente Zaman

di Riccardo Noury

Il governo del presidente Erdogan sta asfaltando la libertà d’infomazione.
Non c’è altro modo di definire quanto sta accadendo in Turchia, dove una settimana fa è stata chiusa l’emittente televisiva IMCTV – l’unico canale nazionale che riportava un punto di vista non ufficiale sulle operazioni militari e i coprifuoco nel sud-est del paese – e dove il 4 marzo un tribunale di Istanbul ha posto sotto amministrazione controllata il quotidiano indipendente Zaman. …Leggi tutto »

Regeni, in attesa di verità nuove notizie e smentite dall’Egitto

 

di Antonella Napoli

Sul caso Regeni continuano ad alternarsi ricostruzioni inattendibili e indiscrezioni fondate su testimonianze solide. La famiglia di Giulio resta chiusa nel proprio dolore e attende quelle risposte che noi di Articolo 21, insieme ad Amnesty International e attraverso la rete di “Illuminare le periferie”, continueremo a sollecitare, come non ci stancheremo mai di chiedere verità e giustizia. …Leggi tutto »